Marche

I Tipici

Formaggio di fossa di Sogliano DOP

L’uso di infossare, per conservare i prodotti e proteggerli dalle razzie dei soldati, si diffuse a partire dal Medioevo nelle valli del Rubicone e del Marecchia, a cavallo della Romagna e delle Marche. Questa DOP deve le sue peculiarità proprio al tipo di stagionatura cui è sottoposta, oltre che alla materia prima che nei sotterranei va a rifermentare. Dopo una maturazione di almeno 30 giorni, le forme – dentro sacchi di tela su cui è stato scritto, con olio di lino e nerofumo, il nome del proprietario e il peso – stagionano nelle fosse scavate nel tufo, ad una temperatura di 20° e un’umidità del 90%. La sfossatura ha luogo dopo 3 mesi, il 24 novembre, giorno della festa di Santa Caterina. Descrizione:  Ricavato da latte intero, ha la forma di un cilindro irregolare, la cui crosta compatta non si distingue dalla pasta friabile, di colore bianco ambrato o leggermente paglierino. L’odore è caratteristico e persistente, con ricchi aromi che ricordano il sottobosco e sentori di muffa e di tartufo. Il sapore, delicato e dolce all’inizio, varia con il progredire della stagionatura a seconda della composizione: il pecorino ha gusto aromatico e sapore fragrante, intenso e gradevole, leggermente piccante; il vaccino è fine e delicato, moderatamente salato e leggermente acidulo, con una punta di amaro; il misto ha sapore gradevole ed equilibrato tra il saporito e l’amabile con sentori amarognoli. Ottimo da solo o accompagnato con miele e confetture di frutta, vini rossi pregiati, passiti e Marsala, viene spesso utilizzato nelle minestre romagnole (cappelletti, passatelli, ecc.) o spolverato sopra primi e secondi piatti. Disciplinare:  Reg. CE n. 1183 del 30.11.09 (GUCE L 317 del 03.12.09)

Vini

Rosso Conero DOCG

Risalgono ai coloni greci e agli Etruschi le prime tecniche di coltivazione della vite e di elaborazione enologica nel territorio marchigiano. Plinio il Vecchio riservò una parte della sua Naturalis Historia alle bevande del versante Adriatico, i monaci Benedettini raccontano di cure mediche fatte con il vino prodotto dalle uve del monte Conero e persino Giacomo Leopardi gli dedicò alcuni versi. In seguito la presenza di aziende agricole di lunga tradizione vitivinicola e le residenze storiche costruite con un piano terra destinato alla trasformazione delle uve hanno favorito la produzione di vini rossi di grande qualità. Il riferimento geografico è il promontorio del monte Conero che si erge sul mare Adriatico e le colline che ne discendono verso l’entroterra, caratterizzate da clima temperato e da terreni differenti, con le marne e le marne calcaree delle propaggini del monte, le argille e le argille marnose di Camerano e Osimo e le sabbie della zona di Offagna. Tutta l’area fa parte del Parco del Conero che contribuisce ad una produzione rispettosa dell’ambiente e della naturalità. Descrizione: Colore rosso rubino. Odore gradevole, vinoso. Sapore sapido, armonico, asciutto, ricco di corpo. Titolo alcol. minimo 11,5%. E’ consigliato berlo dopo 2 o 3 anni di invecchiamento, ma la sua struttura permette di arrivare a 6-7 anni per la Riserva. Abbinamenti:  quando è più giovane, fruttato e tendenzialmente tannico, con cibi grassi, aromatici, anche a tendenza dolce, come lo stoccafisso all’anconetana, i salumi marchigiani, il pecorino di fossa; quando è più maturo e morbido con primi piatti di pasta ripiena o condita con salse rosse, arrosti di carni rosse, cacciagione, brasati. Disciplinare: Approvato DOC con DPR 21.07.1967 (G.U.210 – 22.08.1967), poi il tipo Riserva approvato DOCG come Cònero con DM 01.09.2004 (G.U. 212 – 09.09.2004) (i testi sono tratti dal volume “50 Doc – 50 anni di denominazioni d’origine a tutela del vino italiano” in vendita presso CI.VIN. s.r.l., info@cittadelvino.com).

Vini

Bianchello del Metauro DOC

Nella valle del Metauro gli Etruschi si dedicavano alla viticoltura, contendendone il primato ai Piceni, che la praticavano appena più a sud. Alcuni secoli dopo, nel 207 a.C., i Cartaginesi di Asdrubale, inviati in soccorso di Annibale, sarebbero stati sconfitti dalle abbondanti libagioni di Biancame più che dai Romani.  La zona geografica delimitata per la produzione dei vini con la denominazione “Bianchello del Metauro” è in provincia di Pesaro ed è compresa tra il confine con la provincia di Ancona a sud dato dal fiume Cesano, ed il decorso del fiume Arzilla a nord. Il fiume Metauro, gli Appennini e l’Adriatico hanno da sempre caratterizzato l’area di produzione – pianeggiante, con leggere pendenze, ampia apertura verso il mare ed una tessitura del terreno che agevola lo sgrondo delle acque piovane – offrendo facilità di accesso, di lavorazione e di difesa dell’attività agricola. Il Bianchello del Metauro DOC è da bersi giovane come aperitivo o con antipasti, minestre, risi, paste anche asciutte, carni bianche a tendenza dolce (petto di pollo, coniglio), molluschi e crostacei, piatti delicati di pesce o di verdure, pesci di mare arrosto e alla griglia. Tipologie: Bianchello del Metauro, Bianchello del Metauro Superiore, Bianchello del Metauro Spumante, Bianchello del Metauro Passito. Vitigni: Bianchello (Biancame) 95-100%, Malvasia bianca lunga 0-5%.     Disciplinare: approvato DOC con Dpr 02.04.69 (G.U. 143 -10.06.69)

I Tipici

Maccheroncini di Campofilone IGP

Una citazione di questo tipo di pasta la si trova nel ‘400 in una corrispondenza dell’Abbazia di Campofilone in cui è riportato che i maccheroncini erano “tanto delicati da sciogliersi in bocca”. Si parla di maccheroncini anche nelle ricette del 1700 e del 1800, riportate nei quaderni di cucina di alcune case nobili come i conti Stelluti-Scala e i conti Vinci. La produzione dei maccheroncini di Campofilone si identifica nel territorio del comune di Campofilone, un paesino posto sulle verdi colline marchigiane in provincia di Fermo, e si distinguono dalle altre paste alimentari perché la farina deve essere impastata solo con uova di gallina nella proporzione che varia, per ogni kg, da un minimo di 7 a un massimo di 10 nel caso di utilizzo di uova intere, oppure se espressa in valore percentuale  è pari a un minimo del 33%. Si usa generalmente semola di frumento duro oppure, a livello familiare, farina di grano tenero doppio zero purché abbia glutine forte con notevole capacità di assorbimento. L’impasto ottenuto, duro ed elastico, rimane poroso mentre la sfoglia sottile e uniforme nello spessore, rimane morbida. Il prodotto si presenta come un insieme di sottili fili. Per questo prodotto è all’esame dell’Unione Europea la richiesta di registrazione come indicazione geografica protetta (IGP). Si procede all’impasto degli ingredienti senza aggiunta di acqua. L’impasto viene sfogliato a mano oppure estruso in bronzo e sfogliato su rulli fino ad ottenere la sfoglia di spessore compreso tra 0,3 e 0,7 mm. Successivamente si procede al taglio mediante l’utilizzo di un coltello affilatissimo ottenendo in tal modo dei fili sottili che verranno poi mediante la lama di un coltello separati e disposti a treccia su fogli di carta bianca per alimenti di larghezza compresa tra 22 e 26 cm e lunghezza compresa tra 32 e 35 cm. I foglietti così ottenuti hanno un peso compreso tra 155 e 175 g ciascuno e vengono piegati, nella maniera tradizionale, ai quattro lati per evitare la fuoriuscita del prodotto e ordinatamente riposti in appositi telai. Quest’ultimi vengono quindi inseriti in apposite stanze di essiccazione ad una temperatura compresa tra 28 – 40 °C per una durata compresa tra le 24 e le 36 ore e successivamente confezionati. I Maccheroncini di Campofilone si distinguono decisamente dalle altre paste alimentari per la sottigliezza della sfoglia ed il taglio finissimo. Tali caratteristiche consentono al prodotto un ridottissimo tempo di cottura pari ad uno/due minuti nell’acqua bollente o direttamente nel condimento senza necessariamente essere lessato.Altra fondamentale caratteristica che dimostra l’unicità dei Maccheroncini di Campofilone è la  percentuale di uova che viene utilizzata nell’impasto. Essa, infatti, è nettamente superiore rispetto a quella utilizzata in altre tipologie di paste alimentari. Tale proporzione unitamente al processo di essicazione lento determina un’elevatissima resa del prodotto, infatti mentre 250 g di pasta generica corrispondono a 2 porzioni abbondanti, dallo stesso quantitativo di Maccheroncini di Campofilone si ottengono 4 porzioni.Questa capacità di resa dei Maccheroncini di Campofilone determina come conseguenza la capacità assorbente della pasta che trattiene una quantità di condimento superiore rispetto ad altre tipologie di pasta La valenza dei Maccheroncini di Campofilone sta nell’aver conservato immutata nel corso degli anni la tecnica di lavorazione, mantenendo inalterata la sua semplice e particolare composizione, il particolare tipo di essicazione, nonché nel fatto che si tratta di un prodotto che richiede, per la sua realizzazione, particolari doti di abilità e esperienza, caratteristiche queste che ne fanno una pasta dalle qualità in termini di resa, di gusto, di leggerezza e di facilità di cottura del tutto particolari.Parlare dei Maccheroncini di Campofilone significa parlare dell’espressione più autentica della cultura del territorio campofilonese. La produzione artigianale di questa pasta è la manifestazione della tradizione popolare del borgo medioevale di Campofilone tramandata di generazione in generazione. Le uova in particolare, non sempre a disposizione nel corso dell’anno e dipendenti dal ciclo biologico delle galline, hanno stimolato l’ingegno e la fantasia delle vergare campofilonesi che hanno iniziato a fare la pasta in casa, dapprima fresca e poi realizzando quello che sarebbe diventato un processo di essiccazione. La pasta essiccata infatti era più conveniente di quella fresca perché si conservava nella madie e poteva essere consumata durante tutto l’anno. La grossolanità del taglio aveva però un inconveniente: l’aria nel processo di essiccazione incurvava la pasta che si rompeva in più punti e non poteva essere degustata nella sua interezza. Allora le argute massaie hanno iniziato a tagliare la “pannella ” in fili sottilissimi, che non si spezzavano sotto l’azione dell’aria, restando intatti sino al consumo.L’arte dei Maccheroncini di Campofilone è nata dunque nelle cucine e poi nei laboratori artigianali e da allora questi sottilissimi fili di velo dorato hanno sempre rivestito un’importanza particolare, discostandosi dai piatti di “tutti i giorni”, rappresentando il piatto per eccellenza, simbolo di bravura della padrona di casa, nei pranzi di festa Una delle occasioni da non perdere per assaggiare la specialità gastronomica di Campofilone è la sagra. La nascita di questa festa risale al 1964 e da allora si svolge ogni anno, tre giorni nella prima decade di Agosto.

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